Griselda, Venezia, Marciana, autografo

 ATTO SECONDO
 
 Stanze reali. Tavolino a parte con manto, scettro e corona.
 
 SCENA PRIMA
 
 CORRADO e COSTANZA
 
 CORRADO
 Son le regie tue stanze
 queste che miri.
 COSTANZA
                                 In breve spazio accolto
 qui di più regni è ’l prezzo.
 CORRADO
                                                    E ’l dì risplende
390qui di luce miglior fra l’ostro e l’oro.
 COSTANZA
 (Ma fra tanti non veggo il mio tesoro).
 CORRADO
 Qui pur soggiorno un tempo
 facea Griselda.
 COSTANZA
                              Quella
 de’ cui casi sovente
395già ti udii favellar, ninfa e regina.
 CORRADO
 Colà vedine il manto,
 la corona e lo scettro.
 COSTANZA
                                         Ed or fra’ boschi...
 CORRADO
 Sconsolata e raminga...
 COSTANZA
 Veste in ufficio vil ruvide lane.
 CORRADO
400E del cor di Gualtiero...
 COSTANZA
 Cui per beltà e per fede
 così cara ella fu...
 CORRADO
                                  Ti lascia erede.
 COSTANZA
 Misera...
 CORRADO
                                                                È la pietade
 figlia di nobil alma.
 COSTANZA
                                                                E ’l re, che tanto
 l’amò, come esser puote
 seco sì crudo ed empio?
 CORRADO
 Reo n’è ’l destin.
 COSTANZA
                                                                Corrado,
 piangendo i mali suoi, temo il suo esempio.
 CORRADO
 Vano timore. Ella in villano albergo
 nacque vil ninfa.
 COSTANZA
                                                                Anch’io
 ho genitori ignoti.
 CORRADO
 Di re sei figlia, io te ne accerto; e fede
 fa l’indole real de’ tuoi natali.
 COSTANZA
 È mia sventura il non saperli ancora.
 CORRADO
 E tua sorte è ’l veder che ’l re ti adora.
 Ma tu come amorosa
 a Gualtier corrispondi?
 COSTANZA
405Con quell’amor che si conviene a sposa.
 CORRADO
 E quel di amante a cui riserbi? È questo
 il più tenero affetto.
 La sposa ama chi deve.
 L’amante ama chi elegge.
410Genio in questo è l’amore, in quella è legge.
 COSTANZA
 Ahimè!
 CORRADO
                  Non arrossirti.
 Più che Gualtiero, ami Roberto.
 COSTANZA
                                                            O dio!
 L’amai pria col tuo core e poi col mio.
 CORRADO
 Ed ora?
 COSTANZA
                  Ho per lo sposo
415tema e rispetto. Il suo diadema inchino.
 La sua grandezza onoro.
 Stimo il suo grado e sol Roberto adoro.
 CORRADO
 Ei vien Non t’affligger, Costanza. E chi ti vieta Ama Roberto.
 COSTANZA
 [illeggibile]
 COSTANZA
 Son moglie.
 CORRADO
                         Ancor di sposa
420non giurasti la fede.
 COSTANZA
 Ah! Che onor mel divieta.
 CORRADO
                                                  E amor tel chiede.
 
    Non lasciar d’amar  chi t’ama,
 sinché hai l’alma in libertà.
 
    Quando avrai la fé di sposa,
425schiva alora e disdegnosa,
 l’onor servi e non l’amore,
 il dover, non la beltà.
 
 SCENA II
 
 COSTANZA e poi ROBERTO
 
 COSTANZA
 Pria che d’amar ti lasci,
 la vita lascerò, dolce mio bene.
430Ei vien. Giovi a le mie
 il finger crudeltà per le sue pene.
 ROBERTO
 Mia Costanza... Tu nieghi
 al tuo fedel Roberto anche d’un guardo
 il misero diletto?
 COSTANZA
435Sdegna amore il mio grado e vuol rispetto.
 ROBERTO
 (Infelice amor mio, non v’è più speme).
 COSTANZA
 Udisti?
 ROBERTO
                 Udii, regina.
 COSTANZA
 Or che chiedi?
 ROBERTO
                              Inchinarti.
 COSTANZA
 Altro?
 ROBERTO
               Non più.
 COSTANZA
                                  Rispetta il grado e parti.
 ROBERTO
440Ubbidisco... E sì tosto (Mostra di partire e poi si ferma)
 obbliasti l’amor?
 COSTANZA
                                  Regina e moglie,
 in amore, o Roberto,
 più non deggio ascoltar che il re mio sposo.
 ROBERTO
 (Mie tradite speranze).
 COSTANZA
445(Fosse almeno Gualtier così vezzoso).
 
 SCENA III
 
 ELPINO e detti
 
 ELPINO
 Per mia bocca, o regina, il re tuo sposo
 a nobil la caccia il tuo signor t’invita
 Signora, a nobil caccia il re t’invita.
 COSTANZA
 Digli che umil quest’alma
 l’onor sovrano aspett accetta.
 ELPINO
 Là nel bosco t’aspetta. (Parte)
 COSTANZA
450Addio; né più dolerti.
 ROBERTO
 Ch’io ti perda e non pianga?
 COSTANZA
 Ma non son io regina?
 ROBERTO
                                           È vero.
 COSTANZA
                                                           Il cielo
 non mi fe’ di Gualtier?
 ROBERTO
                                             Così mia fossi.
 COSTANZA
 Non mi strinse ad altrui?
 ROBERTO
                                                 Barbari nodi.
 COSTANZA
455Non mi scorgi sul trono?
 ROBERTO
 Come ne l’alma mia.
 COSTANZA
                                         Giubila e godi.
 
    Godi, bell’alma, godi;
 né sospirar per me.
 
    Correggi il tuo cordoglio.
460Già son regina in soglio
 e sposa son di re.
 
 SCENA IV
 
 ROBERTO
 
 ROBERTO
 E nel cor di Costanza
 così l’antica fiamma, il forte laccio
 languì? S’infranse? Al fasto
465cedé l’amor? Spergiura...
 Ma di che la rampogno?
 Di che mi dolgo? Ella è regina e sposa.
 Non si pianga il suo grado,
 non si tenti il suo onor. Volerla amante
470non è ragion ma senso,
 è furor, non consiglio.
 Mi perdona, o mia cara; e a te, Roberto,
 ne l’amor di Costanza
 sia conforto e mercede
475la gloria de l’amar senza speranza.
 
    Se amerò senza sperar,
 saprò amar ma con più fede.
 
    Scema il merto a la costanza
 il piacer de la speranza
480e ’l disio de la mercede.
 
 Campagna con bosco e fiume. Collinetta a parte, con capanna su la cima di essa.
 
 SCENA V
 
 GRISELDA
 
 GRISELDA
 
    Care selve, a voi ritorno
 sventurata pastorella.
 
    Quello è pure il patrio monte;
 questa è pur l’amica fonte;
485e sol io non son più quella.
 
 Se la dolce memoria
 del perduto mio bene
 bastasse a consolar l’alma dolente,
 qui spererei conforto, ove, col nome
490del mio Gualtiero impressi,
 mi ricordan diletti i tronchi istessi.
 Ma che? Nel rivedervi, o patrie patrie selve,
 ove nacque il mio foco,
 cresce l’affanno; e qui spietato e rio
495mi condanna il destino
 a pascer di memorie il dolor mio.
 Andiam, Griselda, andiamo
 ove il rustico letto in nude paglie
 stanca m t’invita a riposar per poco;
500e là, scordando alfine
 Gualtier non già ma la real grandezza,
 al silenzio e a la pace il duolo avvezza. (S’incammina verso la capanna)
 
 SCENA VI
 
 ELPINO con EVERARDO e GRISELDA
 
 ELPINO
 O Griselda, Griselda,
 GRISELDA
 Qual voce? Elpin.
 ELPINO
                                   Ti arresta.
505Mira qual don ti reco.
 GRISELDA
                                          O figlio! O dono! (Veduto Everardo, gli [illeggibile] corre incontro)
 ELPINO
 Di crudo ingiusto rio comando esecutor qui sono.
 GRISELDA
 Che mai...
 ELPINO
                      Dove più folti
 sparge il bosco gli orrori,
 mi s’impone che in cibo (oh! quai bugie
510mi fa dir quest’Ottone)
 lasci esposto a le fiere il tuo Everardo.
 GRISELDA
 Everardo?
 ELPINO
                       E che adempia
 senza indugio il comando.
 GRISELDA
                                                  E cor sì duro
 racchiudi in sen?
 ELPINO
                                   La colpa
515di tale uffizio al cenno altrui si ascriva.
 GRISELDA
 Infelice! E non moro? (Piagne)
 Ah! Vuol l’empio destin ch’io ’l sappia e viva.
 
 SCENA VII
 
 OTTONE con ferro alla mano e detti
 
 OTTONE
 Né tutta ancor sai la tua sorte, o donna.
 GRISELDA
 Non attendo da Ottone altro che mali.
520Che arrechi?
 OTTONE
                           In questo ferro
 di Everardo la morte.
 GRISELDA
 (Alma mia, se resisti,
 sei stupida al dolore e non sei forte).
 OTTONE
 Elpin.
 ELPINO
               Signor.
 OTTONE
                               Poiché col ferro aperta
525per più strade a quell’alma avrò l’uscita,
 tu ’l cadavere informe,
 in più parti diviso,
 tenero e poco cibo,
 gitta a le belve, ove più ’l bosco annotta.
 ELPINO
530Troppo rigor.
 OTTONE
                            La vita
 perderai, se contrasti.
 GRISELDA
 Pargoletto innocente, in che peccasti?
 OTTONE
 Or ti avvicina. (Ad Elpino)
 GRISELDA
                              Ah! Ottone. (Risospignendo Elpino che se le accosta)
 OTTONE
 Donna, che chiedi?
 GRISELDA
                                      È madre
535quella che pietà implora e umil ti priega.
 OTTONE
 A chi usò crudeltà, pietà si niega.
 GRISELDA
 
    Fui crudel per onestà;
 e la pietà vo’ per mercé.
 
 OTTONE
 
 Pietà voglio anch’io da te.
 
 GRISELDA
 
    Donna sono e ancor son madre;
 se la donna ti irritò,
 la di’, la madre in che peccò;
 e se è rea, la uccidi in me.
 
 OTTONE
 
 Pietà voglio anch’io da te.
 
 GRISELDA
540Qual pietà mi si chiede?
 OTTONE
 Quella che merta alfine amore e fede.
 GRISELDA
 Indegno!
 OTTONE
                    E che [illeggibile] chieggo! Ti chieggo
 premio che sia delitto?
 Col ripudio real libera torni
545dal marital tuo nodo.
 Io ten presento un altro,
 non men casto che e più fermo.
 Anche in rustico ammanto, anche fra’ boschi
 ti bramo in moglie e, se non porto in fronte
550l’aureo diadema, io conto
 più re per avi; e su più terre anch’io
 ho titolo, ho comando.
 GRISELDA
                                           Ottone, addio. (Mostra di partire)
 ELPINO
 E ’l tuo figlio? (Ottone afferra Everardo)
 GRISELDA
                              Ah! Che ancora il dolce nome
 mi richiama pietosa.
 OTTONE
555Griselda, o mora il figlio o sii mia sposa.
 GRISELDA
 Ah! Traditor, son questi
 d’alma ben nata i vanti?
 Dove, o crudo, apprendesti
 sì spietato consiglio?
560Sì barbara impietà? Rendimi il figlio.
 OTTONE
 Il figlio non si renda
 che cadavere esangue.
 GRISELDA
 Ah Ottone! Ah figlio! Ah sangue!
 OTTONE
 Gualtier vuol che si uccida.
 GRISELDA
 Padre inumano.
 OTTONE
                                 E la crudel sentenza
 Griselda anche conferma.
 GRISELDA
 Io?
 OTTONE
          Sì, col tuo rifiuto.
 GRISELDA
565Né v’è pietà?
 OTTONE
                           Solo a tal prezzo.
 GRISELDA
                                                           Il pianto?
 OTTONE
 Lo berranno le arene.
 GRISELDA
 I prieghi?
 OTTONE
                      Andranno al vento.
 GRISELDA
 II mio sangue?
 OTTONE
                               Quel voglio
 che scorre ne le vene al tuo Everardo.
 GRISELDA
570Gualtier?
 OTTONE
                     Questa è sua legge.
 GRISELDA
 Otton?
 OTTONE
                Ne fia ’l ministro.
 GRISELDA
 E col darti la fede?...
 OTTONE
 Puoi salvar madre e figlio,
 sposa placar l’amante
575e la man disarmar del ferro ignudo.
 GRISELDA
 Ubbidisci al tuo re. Svenalo, o crudo. (Griselda tace, pensa e poi risoluta risponde e parte)
 
 SCENA VIII
 
 OTTONE con EVERARDO ed ELPINO
 
 ELPINO
 Fermati, Otton; ma so che fingi.
 OTTONE
                                                             Elpino,
 non giovano lusinghe,
 non minacce, non frodi.
 ELPINO
                                              A dura impresa
580ti veggo accinto.
 OTTONE
                                Ingrata donna, alfine
 giovi teco la forza e mia ti renda.
 La rapirò.
 ELPINO
                      Né temi
 l’ira del re?
 OTTONE
                        S’egli l’abborre e sprezza,
 lo servo e non l’offendo. Io mentre a l’opra
585raccolgo i miei, tu col real bambino
 riedi a la reggia e taci.
 ELPINO
 Certo sei di mia fé.
 (Ma Corro veloce ad avvisarne il re). (Parte)
 OTTONE
 
    La bella nemica
590che il cor m’involò,
 amor, rapirò.
 
    Tale ancora da l’ospite lido
 beltà men pudica
 frigio amante rapir già tentò.
 
 Capanna con letto.
 
 SCENA IX
 
 GRISELDA
 
 GRISELDA
595È deliquio di core
 o stanchezza di pianto
 quella ch’ora vi opprime, o mie pupille?
 Sonno non è, che quando è ’l cor doglioso
 non è vostro costume aver riposo. (Siede sul letto)
 
600   Sonno, se pur se’ sonno e non orrore, (Villanesca)
 spargi d’onda funesta il ciglio mio.
 L’ombra tua mi è conforme; e so che al core
 forier vieni di mali e non d’obblio.
 
    Ma se a render tu vieni il mio dolore
605co’ spettri tuoi più spaventoso e rio,
 mostrami, e mi fia pena anche il riposo,
 più esangue il figlio o più crudel lo sposo. (Si addormenta)
 
 SCENA X
 
 COSTANZA, ROBERTO e GRISELDA che dorme
 
 COSTANZA
 Sinché ’l re, dietro a l’orme
 de la timida leppre
610o del fiero cignal scorre le selve,
 io ch’io qui stanca l’attenda ov’ei egli m’impose.
 ROBERTO
 E col breve soggiorno illustri al pari
 d’ogni reggia superba
 la pastoral capanna.
 COSTANZA
                                                                                         Ove più suona
 di latrati e di gridi il monte e ’l piano,
 cacciator tu ritorna al re mio sposo.
 ROBERTO
 Io sì tosto lasciarti?
 COSTANZA
 Puoi col tuo amore ingelosirlo. Parti.
 ROBERTO
 Ubbidisco.
 
 SCENA XI
 
 COSTANZA e GRISELDA che dorme
 
 COSTANZA
                                                                                         Tu parti e pur qui sola
 non rimango, o Roberto. Anco entro a questo
 Di seguirmi a Roberto
 vietai. Ma amor mi siegue anco entro a questo
 vil tugurio... Che miro? (Vede Griselda che dorme)
615Donna su letto assisa e dorme e piange. (Se le accosta a riguardarla)
 Come in villane spoglie
 volto ha gentil! Sento in mirarla un forte
 movimento de l’alma. Entro le vene
 s’agita il sangue; il cor mi balza in petto.
 GRISELDA
620Vieni. (Dormendo)
 COSTANZA
                M’apre le braccia; e al dolce amplesso
 il suo sonno m’invita,
 il mio cor mi consiglia.
 Non resisto più, no. (Corre ad abbracciarla)
 GRISELDA
                                        Diletta figlia. (L’abbraccia dormendo)
 Ahimè! (Si risveglia e si leva)
 COSTANZA
                   Non temer, ninfa.
625(Il più bel del suo volto aprì negl’occhi).
 GRISELDA
 Siete ben desti, o lumi?
 (O tu, pensier, m’inganni?)
 COSTANZA
 (Come attenta mi osserva!)
 GRISELDA
                                                     A l’aria, al volto
 la raffiguro; è dessa.
630(Troppo nel cor restò l’immago impressa).
 COSTANZA
 Cessa di più stupirti.
 GRISELDA
                                         E qual destino
 ti trasse al rozzo albergo,
 donna real, che tal ti credo?
 COSTANZA
                                                     Io stanca
 dal seguir cacciatrice il re mio sposo,
635a riposar qui venni.
 GRISELDA
 Stanza è questa di duol, non di riposo.
 COSTANZA
 Prenderà ognor pietosa
 le tue sciagure a consolar Costanza.
 GRISELDA
 Tal è ’l tuo nome?
 COSTANZA
                                   Appunto.
 GRISELDA
640Costanza avea pur nome
 e le sembianze avea pur sì leggiadre
 un’uccisa mia figlia.
 COSTANZA
 Povera madre!
 GRISELDA
                              È colpa
 del cor, se troppo chieggo. Ove nascesti?
 COSTANZA
645Dove vissi lo so, non dove nacqui.
 GRISELDA
 Il patrio suol?
 COSTANZA
                                                               M’è ignoto.
 GRISELDA
                                                               I genitori?
 COSTANZA
 Me li nasconde il cielo.
 GRISELDA
                                                               E nulla hai certo
 de l’esser tuo?
 COSTANZA
                                                               Sol che di re son figlia.
 GRISELDA
 De l’esser tuo nulla ti è certo?
 COSTANZA
                                                        Nulla,
 sol che di re son figlia.
 GRISELDA
 Chi ti allevò?
 COSTANZA
                           Corrado
 che ne ne la Sici Puglia ha scettro.
 GRISELDA
650E ’l tuo sposo?
 COSTANZA
                             È Gualtieri
 che a la Sicilia impera.
 GRISELDA
 Ben ne sei degna. Ingannator mio sogno!
 (Penso in tenero laccio
 strigner la figlia e la rivale abbraccio).
 COSTANZA
655Qual sogno?
 GRISELDA
                          A me poc’anzi
 parea strigner, dormendo,
 l’uccisa figlia e ne piagnea di gioia.
 COSTANZA
 Se Oh! Tu fossi la madre...
 GRISELDA
 Oh! La figlia tu fossi,..
 COSTANZA
660Ch’io sospiro.
 GRISELDA
                            Ch’io sogno.
 COSTANZA
 Ma s’io di re son figlia...
 GRISELDA
 Ma se la uccise empio rigor di stella...
 COSTANZA
 Lo so, ninfa gentil...
 GRISELDA
 Lo so, sposa real...
 A DUE
                                    Tu non sei quella.
 
665   Non sei quella e pure il core
 va dicendo: «Quella sei».
 
    Sul tuo volto io lieta miro...
 
 COSTANZA
 
 Quella madre che sospiro.
 
 GRISELDA
 
 Quella figlia che perdei.
 
 SCENA XI
 
 GUALTIERO e le suddette
 
 GUALTIERO
670De’ tuoi be’ sguardi è troppo indegno, o cara,
 questo rustico tetto.
 COSTANZA
                                       Illustre e degno
 la sua gentile abitatrice il rende.
 GUALTIERO
 Anche qui vieni a tormentarmi, o donna?
 GRISELDA
 Mio re, non è mia colpa.
675Questo è ’l povero mio soggiorno antico.
 GUALTIERO
 Più non dirmi tuo re ma tuo nemico.
 COSTANZA
 Se i prieghi miei del tuo favor son degni...
 GUALTIERO
 E che non può Costanza
 su questo cor?
 COSTANZA
                             Concedi
680che più dal fianco mio costei non parta.
 Ne la reggia, ne’ boschi, ovunque i’ vada,
 siami compagna o serva.
 GUALTIERO
 A te serva costei? Qual sia ti è noto.
 COSTANZA
 Vile, se miro a’ panni,
685nobil, se al volto.
 GUALTIERO
                                 È questa
 quella un tempo mia moglie
 che amai per mia sciagura, alzata al trono,
 perché ne fosse eterna macchia.
 COSTANZA
                                                            O dio!
 GUALTIERO
 Quella che nota al mondo
690reser la sua viltade e l’amor mio.
 COSTANZA
 Griselda?
 GUALTIERO
                     Ah! Più non dirlo. Anche al mio labbro
 venne il nome abborrito e pur lo tacque.
 Più ignobil moglie...
 GRISELDA
                                                                           E più fedel.
 GUALTIERO
                                                                           Non nacque.
 COSTANZA
 Sia vile; oscura sia; con forza ignota
 un amor non inteso a lei mi strigne.
 GUALTIERO
695Difficil nodo.
 COSTANZA
                           E in amistà più raro.
 GRISELDA
 (A maggior tolleranza il cor preparo).
 
 SCENA XII
 
 CORRADO con le guardie reali e i suddetti
 
 CORRADO
 Avvisato dal servo
 che Otton ver questa parte
 volger dovea volea con gente armata il piede,
700co’ tuoi miei fidi vi accorsi.
 GUALTIERO
 Ottone armato? Ed a qual fine, o prence?
 CORRADO
 Per rapirne Griselda.
 GUALTIERO
 Rapirla?
 CORRADO
                   E a l’opra or ora
 si accinge.
 GRISELDA
                      E questo ancora?
 COSTANZA
705Del temerario eccesso
 puniscasi l’indegno.
 CORRADO
 E pera Ottone, il rapitore indegno.
 GUALTIERO
 Dia luogo ognun. Che perdo,
 se rapita è Griselda?
 CORRADO
710Tanto rigor...
 GUALTIERO
                           Così mi giova.
 COSTANZA
                                                       Ed io...
 GUALTIERO
 L’abbandona al suo fato.
 COSTANZA
 Troppo è crudele il tuo signore e ’l mio. (A Griselda. Si ritira con gli altri nell’interna capanna)
 GRISELDA
 E fia ver?...
 GUALTIERO
                        Ti allontana.
 GRISELDA
 Non lasciar che in tal sorte
715ti tolga altri l’onor de la mia morte.
 GUALTIERO
 
    Vorresti col tuo pianto
 in me destar pietà;
 ma nasce il mio piacer
 dal tuo dolore.
 
720   Il fato spietato
 con la sua crudeltà
 serve al mio core. (Entra nella capanna interna e la chiude)
 
 SCENA XIII
 
 GRISELDA, poi OTTONE con gente armata
 
 GRISELDA
 Viene Otton. Sola, inerme,
 che far posso? Il mio dardo (Va a prendere il suo dardo, lasciato sul letto)
725sia almen la mia difesa.
 OTTONE
 Qual difesa a te cerchi?
 GRISELDA
                                             Empio, vien pure
 a svenar dopo il figlio anche la madre.
 OTTONE
 Suo uccisor mi temesti; ei m’ebbe padre.
 GRISELDA
 Vive il mio figlio?
 OTTONE
                                    E seco
730tu pur vivrai, Griselda,
 e mia.
 GRISELDA
               Lo speri invano.
 OTTONE
 Segui il mio piè.
 GRISELDA
                                 Più tosto
 di’ ch’io vada a la tomba.
 OTTONE
                                                E che far pensi?
 GRISELDA
 Ciò che può far cor disperato o forte,
735darti o ricever morte.
 OTTONE
                                          Ora il vedremo.
 GRISELDA
 Ti scosta o questo dardo
 t’immergerò nel core.
 OTTONE
 Bella, vi aperse altre ferite amore.
 GRISELDA
 Seguir saprà la destra
740l’orme degli occhi.
 OTTONE
                                    È vano
 contender più.
 GRISELDA
                              Lasciami in pace.
 OTTONE
                                                                Vieni
 e reo non mi sforzar di maggior fallo.
 GRISELDA
 Il minor mal, ch’io tema, è ’l tuo furore.
 OTTONE
 Temi dunque il mio amore.
 GRISELDA
745Numi, soccorso, aita. (Il re apre l’uscio e si avanza)
 OTTONE
 Su, miei fidi, eseguite. Il re l’impone.
 
 SCENA XIV
 
 GUALTIERO con seguito, poi CORRADO, COSTANZA e detti
 
 GUALTIERO
 Lo impone il re? Sei troppo fido, Ottone.
 OTTONE
 (Qui il re? Sorte nemica).
 GUALTIERO
 È da leal vassallo il far che l’opra
750al comando preceda.
 Giusto non è ch’io lasci
 senza premio il tuo zelo.
 GRISELDA
 Scudo tu fosti a mia innocenza, o cielo.
 GUALTIERO
 Corrado, a la mia reggia Otton si scorti.
 CORRADO
755Mi avrà fedel custode.
 GUALTIERO
 In amico soggiorno,
 Otton, si cinge inutilmente il brando.
 Puoi deporlo in mia mano.
 OTTONE
 Eccolo a’ piedi tuoi. (Fato inumano!) (Parte con Corrado e con le guardie)
 
 SCENA XV
 
 GUALTIERO, GRISELDA e COSTANZA
 
 GRISELDA
760Quai grazie posso?...
 GUALTIERO
                                        A la pietà le rendi A me non già, le rendi
 non di al bel cor di Costanza.
 Non mio dono o tuo merto,
 è suo solo favor la tua salvezza.
 GRISELDA
 Una vita infelice, (A Costanza)
765dacché ti è cara, anche Griselda apprezza.
 COSTANZA
 Compisci, o sire, il tuo favor. Ritolta
 a le selve, Griselda
 mi accompagni a la reggia.
 GUALTIERO
                                                   E venga ancella
 ove visse regina, ove fu moglie.
 GRISELDA
770Verrò ministra e serva.
 GUALTIERO
 Qual fu si scordi.
 GRISELDA
                                  Il grado
 scorderò (non l’amore).
 GUALTIERO
 Colà tutte le leggi
 d’un più vil ministero adempi e serba;
775e non dolente, avvezza
 a l’ufficio servil l’alma superba.
 COSTANZA
 
    Mi sarai sempre diletta.
 Nel tuo volto ognor godrò.
 
    Avrai parte nel mio core.
780Al consorte il primo amore,
 a te l’altro serberò.
 
 SCENA XVI
 
 GRISELDA
 
 GRISELDA
 Serva mi vuol la sorte
 a la stessa rivale e vuol ch’io l’ami.
 Gualtier m’è sì crudele e pur l’adoro.
785A vista de’ miei mali, entro la reggia
 la sofferenza sia
 tutto il conforto a la miseria mia.
 L’alma più non accusi
 o Gualtiero o Costanza. I pianti affreni;
790i sospiri rattenga;
 e pentita persin di quei che ha sparsi,
 senta l’aspro suo duol senza lagnarsi.
 
    Nel caro sposo almen
 io l’orme adorerò
795dei primi baci.
 
    E al mesto cor dirò:
 «Benché d’un’altra in sen,
 vedilo e taci».
 
 Fine dell’atto secondo